Licata, Ag - «Io abito qui e lui sta sopra, vedevo la macchina e basta. Con Angelo parlavo poco: era per i fatti suoi, ci trattavamo poco». Parla l’83enne Vincenzo Tardino, padre di Angelo e Diego: i due fratelli divisi come Caino e Abele da una porzione di terreno lasciata disgraziatamente in eredità dall’anziano, e che è all’origine della strage familiare balzata alle cronache nazionali. Diego aveva chiamato il figlioletto maschio come lui che ora, pietrificato, non si dà pace e ragione: «Sei anni fa - racconta a Repubblica (intervista in coda) - ho donato i due ettari di terreno ai miei due figli, alla divisione hanno provveduto loro».
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Da allora se n’era lavato le mani: «Non sapevo dei litigi, qui a casa mia non è arrivata notizia: non ho fatto interventi pacificatori perché non sapevo nulla, ma Angelo non era un violento». Eppure abitavano tutti accanto. Quel pezzetto di terra della discordia era diventato oggetto di ritorsioni e ripicche: per rifarsi dello scomodo accesso alla proprietà, Angelo s’era accaparrato una stradella che attraversa i due filari di serre, di cui il fratello pretendeva il diritto di passaggio: «Quella strada è solo mia», lo minacciava. Nel secondo video, l'anziano "braccato" sotto casa da cameraman e giornalisti in cerca di una dichiarazione, che Vincenzo Tardino non riesce ad esternare.