Cultura Modica

Bernardo Cabrera, un grande romantico del primo Quattrocento?

Bernardo Cabrera, primo conte di Modica

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/23-10-2023/bernardo-cabrera-un-grande-romantico-del-primo-quattrocento-500.jpg Bernardo Cabrera, un grande romantico del primo Quattrocento?


Il ritratto che i cronisti contemporanei siciliani hanno tracciato di Bernardo Cabrera, primo conte di Modica di questo nome, non corrisponde né alla verità storica del personaggio né alla sua verità esistenziale.

Bernardo fu consegnato alla Storia, purtroppo poco indagata del suo tempo, come un arrogante, un soldato spregiudicato, spesso un ladro che si approfittava dei beni della Corona aragonese per allargarsi sui territori siciliani che gli erano stati concessi al loro arrivo in Sicilia dai re Martini d’Aragona.

Una lunga querelle lo vide protagonista di un furto di gioielli che sarà insistentemente denunciato dalla Regina Bianca di Navarra, furto a dire della regina consumato allo Steri di Palermo, dove lei abitava e da dove fuggirà appena informata dell’arrivo a Palermo del Cabrera.

E qui tutto il pettegolezzo storico si è scatenato per secoli nel raccontare con dovizia morbosa di particolari la passione irrefrenabile e senile che aveva preso l’uomo nel volere a tutti i costi conquistare il cuore dell’importante vedova di Martino il Giovane. Bernardo aveva conosciuto Bianca per averla accompagnata nel viaggio che la portava dalla Navarra in Sicilia, sposa designata da Martino il vecchio per il figlio Martino il giovane, principe consorte vedovo della regina di Sicilia Maria, figlia di Federico re di Trinacria.

Il “gossip” del tempo si occupò in maniera davvero insistente di Bernardo e questa versione falsa, consacrata e confermata purtroppo da qualche penna illustre non molto disinteressata, diventò la unica, la vera.

Le fazioni nelle quali era divisa la Sicilia all’arrivo dei re Martini erano ben distinte. Da una parte quella isolana, la latina, che poi si rivelò perdente, capeggiata dai Chiaromonte, dall’altra quella catalana, che alla fine prevalse. Ma all’interno della fazione catalana non tutti convergevano nel combattere per gli stessi obiettivi.

Bernardo fu l’uomo al servizio del sovrano aragonese. La sua obbedienza al regno di Aragón fu, a volte anche in lotta col suo stesso carattere, cieca e indiscussa. Questo non gli impedì, da vero uomo libero, di schierarsi con questo o quel nemico del re secondo il suo personale modo di sentire.

Bernardo era un catalano e come tale partecipava animatamente alla politica della sua terra.

Apparteneva a una famiglia illustre che aveva subito vari rovesci di fortuna. Il nonno, anche lui un Bernardo, era stato accusato di tradimento e i suoi averi erano stati confiscati. Li otterrà in parte il nipote, il Nostro, e in parte Anna, l’ultima discendente della famiglia, sposata a Federico Enríquez, figlio ed erede dell’Almirante di Castiglia, zio materno di Fernando il Cattolico.

Bernardo, nonostante la sua vita di valoroso soldato sempre divisa tra Catalogna e Sicilia, ebbe moltissimi figli legittimi e illegittimi.

Aveva sposato Timbor de Prades (su un precedente matrimonio, segnalato da Francesco Garofalo nel suo “Bernardì”, Editore Fondazione Teatro Italiano Carlo Terron, Milano, 2012, mi permetto di dubitare e sorvolo), dalla quale nasceranno diversi figli tra cui Timbor, che andrà sposa presumibilmente al conte di Belchite e spesso da nubile aveva sostituito il padre assente nell’esercizio della signoria di Ragusa; Giovanni Bernardo che sposerà la cugina Violante de Prades; Sancha Ximénes, la cui figlia, Giovanna, sposerà il figlio di Giovanni Bernardo, Giovanni I, primo cugino, per un intrigo endogamico molto praticato a quei tempi.

Il rapporto di Bernardo Cabrera con i figli legittimi non fu certamente sereno e pacifico se nel testamento a Giovanni Bernardo il Nostro aveva preferito il figlio illegittimo poi legittimato Raimondo.

Tuttavia accennare a una biografia dell’uomo senza inquadrarla nel contesto della politica del regno d’Aragón diventa davvero uno sforzo inutile.

Alla morte di Martino il vecchio, avvenuta nel 1410 senza un erede diretto legittimo, si apriva la successione del regno di Aragón. Tra i vari pretendenti aspiranti al trono due principalmente emergevano rivendicandolo in punta di diritto. Ferdinando I, soprannominato di Antequera per aver strappato valorosamente nel 1410 questa fortezza ai mori, figlio di Giovanni I di Castiglia e di Eleonora di Aragón, sorella di Martino il Vecchio; il conte Giacomo di Urgell, figlio del conte Pietro di Urgell e di Margherita di Montferrat, nipote diretto in linea maschile del re Pietro IV d’Aragona detto il Cerimonioso.

Due contendenti di prim’ordine scendevano in lizza per aggiudicarsi un regno.

Dopo molte lotte l’Aragona, la Catalogna e Valenza optarono per la nomina di nove grandi elettori che riuniti nel castello di Caspe elessero a maggioranza Ferdinando di Antequera quale successore di Martino il vecchio. Il conte di Urgell, dato per favorito dal diritto successorio, per un gioco di palazzo al quale non furono estranei l’antipapa Benedetto XIII e san Vincenzo Ferrer, grande elettore valenzano, fu così estromesso dalla successione. 

Giacomo di Urgell, non degnamente rappresentato da nessun grande elettore, si oppose tenacemente alla risoluzione di Caspe (29.12.1412) ma Ferdinando scatenò una feroce rappresaglia contro di lui e contro tutta la sua famiglia, confiscando le loro proprietà e riducendoli in miseria.

In questa guerra spietata di correnti si inserì il nostro Bernardo, molto vicino per parentela e per affetti al Conte di Urgell.

La grande passione che Bernardo nutriva per Cecilia di Urgell, una delle sorelle di Giacomo, era conosciuta già dal 1413 e non poteva essere taciuta anche perché quello di Cecilia per Bernardo fu un amore tenero e ricambiato.

Cecilia ed Eleonor, le due sorelle del conte di Urgell, insieme alla madre, vissero di stenti, mendicando quasi i beni più necessari alla loro sopravvivenza.

Bernardo fu loro vicino fisicamente e col cuore.

Chi veramente si opponeva alle nozze tra la bellissima Cecilia e il maturo Bernardo non era il fratello bensì la madre, Margherita di Montserrat, che fece di tutto per distogliere la figlia dall’amore per il Conte di Modica. E ci riuscì, in effetti, finché visse.

Nel 1420 però Margherita morì e Bernardo, appresa la notizia della sua morte avvenuta in novembre, dalla Sicilia subito partì per la Catalogna dove, a San Lorenzo di Maçanet il 3 febbraio 1421 stipulò capitoli matrimoniali con la bella Cecilia che finalmente diventò sua moglie.

Una favola bella trovava, dunque, il suo meritato epilogo.

Ora possiamo capire le numerose reticenze di Bernardo sul nome di un’ipotetica signora, designata come ultima sua consorte, nel testamento del 1419 e poi nominata nel codicillo ragusano del 1421.

Bernardo temeva una rappresaglia da parte del re ai danni di Cecilia e per questo cercò in tutti i modi di proteggere, da vero cavaliere, la fanciulla della quale si era perdutamente innamorato.

Cecilia da Bernardo ebbe tutto, i suoi beni, il suo immenso e smisurato affetto, il suo cuore.

Bernardo la raccomanderà nei capitoli matrimoniali non al figlio Giovanni Bernardo ma a Raimondo, affiancandoglielo nell’amministrazione dei beni in Catalogna e delle rendite della Contea di Modica. Si batté anche a costo di inimicarsi il re perché fossero restituite a lei e alla sorella Eleonor le proprietà, le rendite e tutti i beni irragionevolmente confiscati. Nell’eventualità che la restituzione non si fosse verificata, fondava rendite nuove per lei, perché non dovesse più conoscere la fame e l’indigenza.

I capitoli matrimoniali firmati da Bernardo furono una resa senza condizioni, il documento più sacro nel quale Bernardo poneva ai piedi dell’amata la sua vita, ciò che lui era e ciò che di lui rimaneva come nelle più belle storie romantiche dell’Ottocento. Bernardo si trasformava in un ipotetico san Giorgio a difesa dell’inerme creatura contro le perfidie del drago del potere.

La loro storia d’amore durò purtroppo pochi mesi, perché, come sappiamo, Bernardo morì in Sicilia intorno al 1423 verosimilmente di peste, lontano da Cecilia che porterà il lutto per tutta la sua vita.

Non fece a tempo la giovane dama a dare al Nostro l’erede sospirato al quale il grande condottiero aveva destinato tutti i suoi beni. Trent’anni dopo la morte di Bernardo fece anche lei testamento il 31 dicembre 1457. Tra gli esecutori testamentari figurava Sancha Ximénez, la figliastra.

Una vita sfortunata quella di Cecilia Cabrera e di Urgell consumatasi nel ricordo di un grande amore.

La madre e il fratello erano morti di stenti in carcere, la sorella Eleonor di peste, dopo avere scelto una vita eremitica e contemplativa e dopo aver fatto donazione della sua parte di eredità a Cecilia.

Bernardo, sepolto nella lontana Ragusa, riposa tutt’oggi nella chiesa di quella città dedicata a san Giorgio, il santo cavaliere a lui tanto caro del quale aveva voluto essere per Cecilia controfigura e mito.

Un’antica tradizione vuole che nel giorno di san Jordi (la festa di san Giorgio) in Catalogna si regalino alle persone care una rosa e un libro.

Ecco, dunque, a Cecilia la mia rosa e a Bernardo, cavaliere incompreso e vilipeso, questo saggio a testimonianza del suo valore, per una riparazione tardiva e necessaria.

Crediti

Per quanto riguarda i riferimenti archivistici e bibliografici si rimanda il lettore al volume “ Xichili e la Contea di Modica nel Tardo Medioevo” in corso di pubblicazione e dal quale è stato tratto questo saggio.

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