Cultura Scicli

Da speziale a farmacista. L’Antica Farmacia Cartia compie 120 anni

Esiste un fil rouge, un tratto comune che accomuna i farmacisti: la meticolosità, la scrupolosità, la consapevolezza del grammo



“Ma guardate l'idrogeno tacere nel mare
Guardate l'ossigeno al suo fianco dormire
Soltanto una legge che io riesco a capire
Ha potuto sposarli senza farli scoppiare
Soltanto la legge che io riesco a capire”
Un Chimico, Fabrizio De Andrè, 1971

Scicli – Scrupolo. In latino “scrupus”, il sassolino che pesa un grammo, il peso più piccolo della bilancia, quello con cui lo speziale misurava il peso del veleno, della droga, dell’ostia…
"Tutte le famiglie felici sono uguali, ogni famiglia infelice è diversa nella propria infelicità", diceva Tolstoj, in Anna Karenina.

E parafrasando il più bell’incipit della letteratura familiare, Leonardo Sciascia, negli anni Settanta, scriveva: “Tutte le farmacie sono uguali, anzi tutti i farmacisti sono uguali, simili, nella loro apparente indolenza, nella loro placida, olimpica, serenità”.
Sciascia, da siciliano, aveva in mente farmacisti e speziali come Sebastiano Crimi, Guglielmo Cartia senior, ma anche Massimo Cartia.

Ma cosa voleva dire in realtà Sciascia?
Che esiste un fil rouge, un tratto comune che accomuna i farmacisti: la meticolosità, la scrupolosità, la consapevolezza del grammo.

Lunedì 11 luglio, in via Francesco Mormina Penna, davanti al civico 26, si è tenuta la lectio del dottor Rocco Crimi, farmacista, presidente della Fondazione Sebastiano Crimi, per i 120 anni della nascita della Antica Farmacia Cartia di Scicli, che da luogo di prima sanità per gli sciclitani, da otto anni a questa parte, grazie all’impegno dell’associazione culturale Tanit, di Vincenzo Burragato e Valentina Pensiero in particolare, è diventato sito culturale, museo, luogo della memoria e meta cineturistica grazie ai film che vi sono stati ambientati.

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Mentolo, trementina, metile salicilato, antichi disinfettanti, permanganato di potassio, acido fenico, e soprattutto l’inesorabile iodio metallico, che col suo potere corrosivo tanti danni ha arrecato alle cerniere degli stipi delle farmacie.

Sono innanzitutto odori.
E il viaggio che attraverso Otto e Novecento porta lo speziale a diventare farmacista parte appunto da alcuni odori che, come le Madeleine di Proust, riescono a rievocare ricordi d’infanzia per chi ha vissuto in un’antica farmacia. Odori familiari a Vittorio Sgarbi, figlio di farmacisti, che ha mandato un video saluto nel corso serata, a Gioacchino Nicolosi, oggi a capo di Federfarma in Sicilia, allo stesso Rocco Crimi, che delle sue memorie di infanzia ha fatto una preciso studio storico, e a Guglielmo Cartia, che ancor oggi se ne circonda tra antichi dosaggi e ultime ricerche. 

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A Scicli chi volesse fare questo viaggio sensoriale nel passato ha la fortuna di poter chiedere a Vincenzo Burragato di aprire in religioso silenzio uno stipo e di vivere l’epoca in cui il farmacista poteva ora tirar giù dagli scaffali il vaso del rimedio, ora quello del veleno. Ancora oggi, all’Antica Farmacia Cartia sono così disposti, quelli della salvezza della medicina accanto a quelli della morte, questi ultimi celati dietro l’inequivocabile teschio dipinto sulla vetrina. Mobilio liberty di grande pregio, dove tra i riferimenti vegetali e quelli fioriti si annida anche lo spettro della fine.

Il farmaco, ambiguo come il greco farmakon, era veleno medicamento incantesimo.
E l’incantesimo è proprio la sospensione fra la vita e la morte. “Il farmaco -ricorda il farmacista Rocco Crimi- è un po’ come una moneta greca: in una faccia vi è raffigurata la morte, nell’altra quella del Dio della medicina Esculapio”. 

Il cammino che conduce i vecchi speziali e finanche i “pestapepe”, i loro aiutanti impegnati al mortaio nel trito di medicine, a diventare farmacisti, parte in verità dal Ricettario Fiorentino del 1400, la prima Farmacopea pubblica (“non preparare sciroppi col miele”, la medicina non va edulcorata), fino al Manifesto del Magistrato della Riforma sopra gli Studi edito a Torino nel 1831, che pretende che il farmacista sia accreditato, per le sue doti morali, dal parroco, dal sindaco e dal maresciallo dei carabinieri! È nientedimeno che la burocrazia sabauda, madre di quella repubblicana dell’Italia Unita, a sancire come il farmacista sia la quarta autorità di un paese.

La serata dell’11 luglio è stata chiusa dal dottor Guglielmo Cartia, che ha ricordato come il bisnonno abbia avuto l’intuizione di convertire i propri possedimenti terrieri nella fondazione di una farmacia, ascrivendosi così al ceto di quella borghesia delle professioni che sarebbe diventata protagonista del nuovo Secolo a scapito dei vecchi latifondisti.

Sulla scia della liberalizzazione voluta dall’allora Presidente del Consiglio Francesco Crispi.
Oggi l’Antica Farmacia Cartia, insieme ad altre farmacie storiche italiane, entra nel novero del paesaggio urbano identitario. Un segno della storia, che a Scicli ha linfa e radici.


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