Cultura Ragusa

I carrettieri ragusani di Dolce & Gabbana

Sono gli autori dei frigoriferi dipinti a mano



Ragusa - Domenico Dolce e Stefano Gabbana da una parte, Biagio Castilletti e Damiano Rotella dall’altro. Stilisti i primi, maestri di carretto i secondi. Quelli del made in Italy vantano respiro internazionale, gli altri del made in Sicily una tradizione plurisecolare. I primi sono noti a tutti in tutto il mondo, gli altri a pochi a Ragusa. L’incontro sarebbe improbabile se solo i due stilisti non fossero famosi per la riscoperta di una Sicilia dimenticata che diventa ultima tendenza e di artigiani eccezionali con cui collaborare. Così l’anno scorso hanno trovato a Ragusa i due mastri di carretti e da allora commissionano loro autentiche opere d’arte: ed è così che il made in Ragusa è diventato Dolce e Gabbana.

B&D, Biagio e Damiano, 42 e 32 anni, lavorano da sempre in un settore ristrettissimo che è quello dei carretti, nato nella tradizione rurale e nel Ragusano divenuto dagli anni ’60 un’arte vera e propria: sono pochi a saperli costruire e ancor meno a saperli dipingere, così quando lo staff di Dolce e Gabbana arriva in Sicilia alla ricerca di abili artigiani che coltivino ancora antichi mestieri ormai in estinzione, custodi di tecniche uniche e qualità eccellente, vengono subito indirizzati da loro. I due stilisti hanno infatti in cantiere un progetto insolito, ovvero una collezione di frigoriferi Smeg da collezione che si facciano vessilli delle arti siciliane: cento esemplari dipinti da maestri delle ceramiche, dei pupi, dei carretti. Danno loro libertà totale e richiedono anzi fedeltà a quelli che sono i caposaldi di ciascuna arte. Così Biagio e Damiano, stanati nelle campagne ragusane di Puntarazzi, accolgono la proposta: quella dei frigoriferi è una sfida, loro hanno sempre lavorato solo il legno, stavolta la pittura è su alluminio e plastica ma non si perdono d’animo e al Salone del Mobile 2016 i loro sei frigoriferi dipinti come carretti, ovvero nello stile Catania, Vittoria, Ragusa, Paternò e Rosolini, vengono esposti assieme a quelli degli altri maestri siciliani. I temi sono quelli tradizionali: ci sono ballerine, personaggi della Cavalleria Rusticana, paesaggi, pizzi e ricami, Orlando e Bradamante, papaveri, Apollo e Dafne, foglie, putti e mascheroni. Il risultato è sorprendente, Dolce e Gabbana li invitano a Milano al Salone ma i due hanno così tanto lavoro arretrato che declinano: gli stilisti sono comunque così entusiasti da commissionare loro la decorazione di altri elettrodomestici. Grazie ai frigoriferi Dolce e Gabbana, Biagio e Damiano aprono la loro bottega-museo nel cuore di Ibla, “Rosso cinabro”, quel colore così predominante in tutto ciò che dipingono e che ben li rappresenta. Pinuccio La Rosa li scopre per caso, s’incuriosisce, intuisce l’unicità della situazione e ci invita a dare un’occhiata.

Tra un palazzo e una chiesa UNESCO, la bottega non si nota neanche, umile come i suoi proprietari, custode come loro di tradizione e di innovazione. Entriamo: uno stanzone buio, tanti oggetti, di cui molti rossi, un tavolo di legno, due ragazzi che dipingono, tavolozza in mano, seduti. La luce è affidata a una lampadina sul tavolo, il riscaldamento a un braciere coi carboni ardenti sotto il tavolo. Un San Giorgio ci guarda dal muro, un fiocco fa capolino dal camice di uno dei due, cavalieri e leggende assistono attenti dai carretti variopinti. La tradizione si rispetta ancora pienamente, non solo nei soggetti dei carretti ma anche nelle tecniche: i pigmenti ancora si macinano, lo spolvero e il ricalco si usano ancora. Gli schizzi alle pareti, l’ambiente stesso, perfino gli stessi abiti che indossano (degli anni ’20 del ‘900, commissionati e acquistati online in Inghilterra) riportano indietro chi guarda a tempi passati in un misto di incredulità e stupore. Accolgono con un sorriso, continuano a dipingere e scusandosi con un “abbiamo una scadenza importante, ieri abbiamo finito a mezzanotte” raccontano generosamente, pennello alla mano, di come sono diventati maestri di carretto, degli stili e dell’arte in generale.

I due sono in realtà molto diversi. Biagio è ragusano ma cresciuto a Niscemi, nipote di un carrettiere in pensione che gli trasmette l’amore per questo lavoro: incuriosito e attratto dai carrettieri che si riunivano vicino casa sua e che a volte lo portavano in giro, da adolescente rinuncia alla Vespa in cambio di un pony e un carrettino. Poi si iscrive all’Istituto d’arte di Comiso, nel frattempo continua a coltivare la sua passione e si forma entrando in contatto con maestri di tutta la Sicilia orientale. Incontra, osserva, si confronta, impara. Nei suoi giri si ferma anche ad Aci Sant’Antonio, nella bottega di Domenico Di Mauro, frequentata anche dal maestro pittore Antonio Zappalà e dal garzone Damiano Rotella, formatosi all’Istituto d’arte di Messina. Nasce con questi un rapporto importante, basato prima sulla stima reciproca e poi sull’amicizia. I due sono complementari: Damiano ha una formazione più lineare, scolastica, incentrata sulla pittura, ama sperimentare, Biagio è autodidatta ed è affascinato da tutti gli aspetti che riguardano il carretto, dalla costruzione, alla decorazione pittorica, alle bardature ed è il paladino della tradizione.
La loro però non è solo una formazione pratica, hanno studiato, sanno riconoscere una manifattura a colpo d’occhio, conoscono le differenze tra le varie città, così quando arriva nella bottega di Biagio un carretto interamente scolpito da restaurare, Damiano lascia la sua bottega a Paternò e lo raggiunge. I due si scatenano e, sull’esempio di un carretto fatto nel 1956 dalle migliori maestranze dell’epoca e riconosciuto come il più bello mai realizzato, in un anno di lavoro creano un capolavoro che riscuoterà così ampio successo da travolgerli di commissioni.

La fama si diffonde e così nel 2016 non è difficile per i reclutatori di Dolce e Gabbana individuarli: li conoscono tutti e la qualità di quello che fanno parla da sola. D’altro canto già qualcun altro aveva riconosciuto la qualità eccellente del loro lavoro due anni prima, quando i due maestri carrettieri erano stati invitati al Resort Verdura di Sciacca per curare un laboratorio di pittura in occasione del convegno di Google: così tra John e Lapo Elkann, Alicia Keys, David Beckham, Biagio e Damiano vengono riconosciuti e apprezzati.
Dalla collaborazione con Dolce e Gabbana è nata la bottega-museo in via Orfanotrofio 22/24 con un progetto ambizioso: far conoscere quest’arte così particolare quanto dimenticata che pure ha risentito ampliamente di quella ufficiale, fa notare Biagio, più arabeggiante nella Sicilia occidentale, più barocca in quella orientale. Una bottega che faccia anche da museo nonché da scuola, con corsi di pittura durante i quali poter insegnare quest’antica arte, come spiegano loro stessi: “desideriamo condividere quello che il nostro antico mestiere ci ha insegnato con tutti coloro che vogliono conoscere l’arte del carretto, organizzando laboratori didattici affinché gli interessati possano scoprire che la pittura del carretto non è un ammasso di colori senza senso ma vi è invece un certo ordine, uno studio, una tradizione da rispecchiare, una motivazione dietro ogni colpo di pennello”. Un progetto di recupero di quella che è stata un’arte importante in Sicilia, che oggi sembra essere caduta nell’oblio ma che dovrebbe essere riconosciuta per quello che è, identitaria di un’isola fatta di lavoro nei campi ma anche di colori, leggende, stupori e tradizione. Un’arte che merita di essere riportata alla ribalta. Parola di Dolce e Gabbana.


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