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Covid Sicilia, colpo di coda: il virus sotto la cenere della guerra

L’infezione dimenticata è ancora tra noi

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 Ragusa - Nel bollettino Covid di lunedì la Sicilia si conferma per il secondo giorno consecutivo prima in Italia per nuovi casi giornalieri di Covid, e aumentano i posti letto occupati in ospedale: 38 ricoveri in più, di cui 36 ordinari e 2 in rianimazione.  Le già ridicole misure anti contagio sono state del tutto adombrate dalla guerra ucraina, che sta movimentando persone, e relativi contagi, in maniera ovviamente imprevista dagli scienziati. L’Isola è prima nel Paese anche per numero di attuali positivi 223.336, 1.565 in più di domenica. Speriamo bene. Per fortuna ci sono stati solo tre morti, di cui uno nel ragusano, e la progressione dell’epidemia non dovrebbe mettere a rischio l’exit strategy nazionale dall’emergenza, che sta portando la regione a ipotizzare di mettere strutture e personale licenziando a disposizione dei profughi ucraini. 

Segnale del rilassamento collettivo è anche il fatto che, dopo Linosa, il Coronavirus sia sbarcato anche a Ustica: le uniche due isole minori rimaste finora immuni dal contagio. Le curve dell’epidemia Covid cominciano a rallentare la loro discesa anche nel resto d'Italia: in metà delle province i valori dell’incidenza hanno smesso di scendere e si trovano in una fase di stasi e in alcune i dati degli ultimi giorni indicano una leggera risalita dei contagi. “Stiamo assistendo a una riduzione nel numero dei casi, ma vediamo che stanno scendendo più lentamente” aggiunge il fisico Enzo Marinari, dell’Università Sapienza di Roma.

“L’andamento che stiamo osservando ci fa aspettare che la discesa della curva si potrebbe fermare nei prossimi giorni, assestandosi su un plateau alto, intorno a circa 20.000 casi al giorno, ma grazie alle vaccinazioni il numero di casi gravi e decessi non sarebbe alto”. Secondo il fisico “un piccolo rallentamento si comincia a osservare anche nella discesa della curva dei decessi: bisognerà vedere a quale livello si fermeranno”. Certamente, ha aggiunto, “bisogna considerare che l’estate è ancora lontana e il fattore meteo non sta ancora giocando un ruolo”. D’altro canto, osserva, “i due grandi picchi dell’epidemia di Covid-19 in Italia del 2021 e del 2020 li abbiamo avuti in aprile”.


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