Cultura Scicli

Il funerale di Piero Guccione

La testimonianza di Oxa, venuta in bici da Modica



Scicli - Il ticchettio delle scarpette chiodate rompe il silenzio dell'infilata di stanze settecentesche che porta alla camera ardente dove la salma di Piero Guccione riposa sotto il mare azzurro dipinto per palazzo Spadaro.
"Mi chiamo Oxa, ma il mio nome di battesimo è Oxana".
E' arrivata in una bici da corsa, da Modica, con un mazzo di calla bianchi. "Posso posarli sotto la bara?"
L'irreale arrivo di questa donna russa all'ora di pranzo, quando a pregare e a onorare la salma di Piero sono un anziano gallerista di Milano- a fianco di quella che forse è la figliola- e la giovane titolare del ristorante-pizzeria di Modica dove Piero andava spesso a pranzo (lei piange come una bambina), lascia impietriti.
E' appena andato via il trentenne di Conegliano Veneto, "torno fra venti minuti" -quasi si giustifica-, c'era fino a un minuto prima la giornalista tedesca, inviata a Scicli dal suo quotidiano.
Forse questa quarantenne russa si è sbagliata, forse sta confondendo Piero con qualcun altro.
No. Non si è confusa.
"Quindici anni fa arrivai a Modica, scappata dal mio paese. Non parlavo italiano e non avevo lavoro. Per caso incontrai il signor Piero e Sonia. Mi chiesero che facevo qui, perché ero venuta. Spiegai che cercavo un lavoro e un letto dove dormire. Mi dissero: vieni a casa nostra.
Mi ospitarono per qualche tempo, fino a quando non trovai un lavoro, e imparai la lingua. Io non sapevo chi fosse il signor Piero. Però ogni settimana uscivo con loro e andavamo a una mostra di quadri. Allora capii che lui era famoso in tutto il mondo. Dopo un po' di tempo diventai autonoma, li salutai. Non lo vedo da quindici anni".
Cerimonia funebre civile. Una cosa che a Scicli non si è mai vista. Il sindaco mi chiede di officiarla. Rubo l'incipit ad Alberto Moravia, al funerale di Pasolini: "Abbiamo perso prima di tutto un poeta, e di poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto dentro un secolo".
Interviene il sindaco, e si interroga, laicamente, sul senso dell'Oltre, del dubbio: cosa c'è dopo la morte. Enzo Giannone ricorda Piero Guccione suo collega assessore alla cultura della giunta Lonatica. In quel giugno del 1994 anche L'Espresso segnalò la notizia. In fondo la nuova Scicli iniziò in quella stagione, il segno del trapasso fra il vecchio e il nuovo mondo stava nell'idea che al potere possa andare la poesia.
Barbara Sarnari legge una stanza di vita quotidiana, il racconto di suo padre Franco delle colazioni a Sampieri, quando tutto il Gruppo di Scicli si riuniva a parlare della granita di limone e della bagnanti di Cezanne.
Barbara legge, per conto di Paola Guccione, i nomi delle persone -saranno una ventina- che hanno accudito Piero negli ultimi anni.
Giorgio Agamben mi ha mandato un testo, che mi chiede di donare alla città e a Piero. Usa due aggettivi inediti per definire Guccione: "severo e celeste".
Conclude Paolo Nifosì. Cita Leopardi, San Francesco e Dante. Piero interseca, rileggendo con la sua pittura, le fondamenta della cultura italiana, innestandole in un gusto di respiro internazionale. Paolo legge anche la lettera di Sonia Alvarez, che racconta l'emozione quotidiana nell'assistere allo svelarsi della capacità di Piero di tradurre colori in emozioni.
La cerimonia si conclude, dopo cinquanta minuti. Il cielo è mutato dal celeste all'azzurro, come in un quadro guccioniano. Resta sulla pelle un senso di religiosità laica, la stessa del laico Piero, che con i suoi quadri ha attinto al mistero, all'assoluto, a Dio.

Foto Rosalba Nifosì. 


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