Economia La sperequazione

Bollette come tasse: l’energia è il 45% del costo, tutto il resto è truffa

Troppe voci di spesa inique in fattura, e i rincari di luce e gas si riflettono su ogni prodotto

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 Ragusa - «Va riscritto il metodo di calcolo delle bollette energetiche, lo stiamo facendo in queste ore» annuncia il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, a proposito delle fatture di luce e gas alle stelle. Ma non riuscirà ad arrivare prima del prossimo trimestre, quando scatteranno rincari fino al 40%. Una doccia fredda, dopo l’estate a tutto condizionatore, per lo stesso governo che pare cascare dalle nuvole davanti alla notizia dei prezzi schizzati alle stelle.

L’esecutivo intende intervenire sulle diverse voci che gonfiano l’importo finale: spese di trasporto e gestione, oneri di sistema, partite e altre imposte che gravano ingiustamente sull’utente. C’è di tutto: ricerca e sviluppo, un’accisa per le Ferrovie, una per i regimi tariffari speciali, bonus elettrico, agevolazioni per industrie ad alto consumo e, non ultimo, il canone di abbonamento Rai. In pratica, secondo i dati Arera, l’energia pura e semplice incide solo sul 45% dell’intera bolletta, tradotta ormai in una vera e propria “tassa” a cui attingono in tanti.

In mezzo ci hanno infilato addirittura un contributo per lo smantellamento delle centrali nucleari, che oggi qualcuno vorrebbe riportare in Italia, nonostante il referendum che 10 anni fa doveva aver chiuso il discorso, le scorie nucleari presenti e passate che non sappiamo come e dove smaltire, e le molte fonti pulite e alternative al fossile: sole, vento e mare non ci mancano, soprattutto in Sicilia. Non c’è soluzione, nucleare o meno, che abbasserà i prezzi se manca la volontà politica di farlo, né manovra economica che eviterà aumenti se questi - grattando il fondo - sono frutto di manovre fraudolente e speculative. Ci si approfitta delle mani legate dei cittadini, che certo non possono al buio.

Sicuramente parte dei rincari è addebitabile pure al mancato utilizzo delle risorse di metano disponibili nel nostro Paese, che ci fa dipendere dai ricatti dall’estero. Ricordiamoci che dal costo dei carburanti dipende tutto, e la loro impennata si rifletterà a cascata su ogni altro servizio e prodotto, a partire dai generi alimentari di prima necessità come il pane. Ma l’autorizzazione di nuove concessioni alle trivelle si scontra ogni volta col muro di opportunismi politici e battaglie ambientaliste. Ha senso bucare, in un territorio già stressato dall’inquinamento, alla ricerca di giacimenti di gas e petrolio che prima o poi finiranno, anziché investire gli stessi miliardi nella riconversione delle ciminiere in impianti di produzione stoccaggio di fonti rinnovabili? 


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