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Sicilia, le «trazzere» del Re battono ancora cassa

Vecchie di secoli e neanche accatastate, ma la Regione pretende ancora il “pedaggio” per costruirci

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 Ragusa - Immaginate di acquistare un terreno edificabile, dove costruire una villetta per le vacanze, tranne scoprire poi che il vostro sogno immobiliare si incrocia con una “regia trazzera”, ovvero un’antica strada demaniale che non risulta al Catasto ma solo su altri atti. Sì - vi diranno in Comune - è possibile costruire, ma prima va pagato un obolo alla Regione per liberare il terreno, altrimenti l’edificio non è a norma. E non succede solo nelle campagne dell’Isola. Tempo fa a Palermo i proprietari di diversi appartamenti hanno scoperto per caso che il loro palazzo era stato tirato su’ proprio nel cuore di una regia trazzera, e di aver così occupato abusivamente e inconsapevolmente il suolo demaniale.

Per sanare la posizione di tutto lo stabile e acquistare da Palazzo d’Orleans la relativa porzione di strada, servivano almeno mille euro ad appartamento. E se l’assemblea di condominio non approva la spesa inutile, come è successo, per legge le singole case non potrebbero nemmeno essere vendute. Solo nel capoluogo siciliano ci sono ben 11 “strade antiche” che attraversano immaginariamente la cartina della città, interessando migliaia di residenti ignari. Per trovare una regolamentazione giuridica delle regie trazzere bisogna risalire al 1830 quando il Regno borbonico ne creò una rete intera ad uso militare: la prima partiva proprio da Palermo e, passando per Enna e Catania, arrivava fino a Messina.

Anche il Ragusano è pieno, ne vediamo una in foto. Secondo alcune fonti il documento più antico in cui compare il termine «regia trazzera» risale addirittura al 1575, ed era adoperato per indicare pure i percorsi per la transumanza delle greggi. Durante il 900 il legislatore è intervenuto più volte, fino al trasferimento del cosiddetto demanio trazzerale alla Regione, con l’entrata in vigore dello Statuto speciale e la gestione affidata a un ufficio facente capo all’assessorato all’Agricoltura. A partire dall’800 sull’Isola sono stati censiti circa 11mila chilometri di questi vecchi tracciati, ognuno con una larghezza legale di circa 37 metri, corrispondente all’antica misura di 18 canne e 2 palmi.

Negli anni si sono realizzate almeno 30mila alienazioni a favore di privati, ma la quantità di questo patrimonio resta talmente enorme che ancora oggi si può dire che in Sicilia ci sono più trazzere che autostrade. Qualcuno di recente le ha ribattezzate “strade fantasma”, non essendo segnate sulle mappe catastali, ma per i proprietari terrieri e immobiliari esistono eccome. «L’approvazione di progetti edilizi di ogni tipologia è subordinata al pagamento di oneri alla Regione, anche di diverse migliaia di euro, se la proprietà privata ricade o è attraversata da una di queste trazzere – spiega il deputato alcamese Antonio Lombardo».

«L’analisi di vari documenti e mappe storiche evidenzia però numerosissime incongruenze catastali, così come risulta incerta la stessa esistenza di alcune di queste strade: una anomalia che complica la vita ai cittadini e costituisce un onere di dubbia legittimità». Un caso unico in Italia: un tempo vi erano i “tratturi” di Puglia ma lì la questione è stata risolta dividendoli per destinazione, valorizzando quelli di interesse storico-turistico e sanando gli altri. Anche Palazzo d’Orleans ha provato a seguire la via pugliese: nel 2013 preparò un disegno di legge che prevedeva la conservazione delle trazzere di rilevanza culturale o naturalistica, e la semplificazione della vendita di quelle non rilevanti o già occupate. Ma, ad oggi, il ddl non è stato ancora approvato dall’Ars. E l’abusivismo inconsapevole continua.


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