Cultura Scicli

Vinicio Capossela: Scicli è una clessidra, capovolge il senso delle cose

Un'intervista a Peppe Savà del 2006

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Scicli - "Questa città è una clessidra". Vinicio Capossela ama Scicli, il "paese-shaker che capovolge il senso delle cose". E Vinicio ama parlare di "Sci-cli". "Questo nome mi incuriosisce - spiega Capossela -, fa pensare a qualcosa che si mescola, è come una specie di shaker, mi dà l’idea di una clessidra, che capovolge il senso delle cose. Questo è un posto all’incontrario, perché tutti i paesi sono costruiti sulle alture, mentre questo è costruito sul vallone, sembra fatto apposta per essere distrutto da una piena del torrente che l’attraversa, e poi mi piace il fatto che sia custodito dalle grotte di Chiafura, da quelle che erano case e che sono state anche tombe.

Questo è un paese che ha diverse cose che si presentano al all’incontrario: il Cristo di Burgos, con la gonna, la Madonna guerriera con la spada, il Risorto da corsa. Quella del "Gioia" è l’unica processione di corsa che abbia mai visto in vita mia, ecco, tutti questi ingredienti mi hanno incuriosito. Devo dire che la notte che sono capitato qui la prima volta, nella Pasqua del 2004, mi sentivo veramente come quando si leggono quei racconti di Ernest Hemingway, quando scopre un paese della Spagna, dove si lasciano scappare i tori nelle strade. Quando ho visto il "Gioia" ho detto: "O è Michael Schumacher, oppure è un toro e siamo a Pamplona. Ho avuto queste due immagini in mente, ho pure temuto per la banda, pensavo che prima o poi il "Gioia" l’avrebbe travolta".


Capossela è rimasto ammaliato dall’Inno di Busacca, un tema musicale ispirato alla marcia reale

italiana e rielaborato poi da Iozzia, un autore ispicese.

Ed è tornato per riprendere il discorso sul "Gioia" prima nella Pasqua del 2005 e, infine, il 18 agosto 2005, in incognito, insieme al fidato Pasquale Minieri, produttore di Lucio Battisti, Fabrizio De Andrè e Claudio Baglioni, stavolta per incidere la canzone: "L’Uomo Vivo (Inno al Gioia)", insieme alla banda Pietro di Lorenzo Busacca.


"Sì, al Gioia, e non alla gioia come hanno interpretato alcuni su internet mostrando di non capire niente - precisa Vinicio con un moto di indignazione nei confronti di chi non conosce "il Gioia".


Ma perché una canzone sul Risorto di Scicli e perché registrare e incidere il pezzo proprio qui?

"Perché il Gioia è così contento della vita che non si occupa neppure della direzione che ha da prendere. Sono venuto qui a Pasqua di due anni fa dopo essere stato a pranzo da alcuni amici, fuori Modica, che mi hanno riempito come si fa con l’anatra, con questo scirocco che stava posandosi sul mio dormiveglia.


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Dopo aver fatto il "filuvespri", come lo chiamate voi, e anche il "vespri", mi hanno detto che dovevamo andare a vedere questi ragazzi, questi "picciotti" che facevano come i pazzi, che portavano il "Gioia" in spalla. Siamo scesi di sera in piazza Busacca, abbiamo trovato questa piazza che sembrava marzapane, con le palme lì vicine, ecco come quei canditi di una volta. Trovo che la festa del Risorto qui sia una bella metafora, della rivincita del corpo sulla morte.

Quello che mi ha colpito del "Gioia" è il fatto che fosse così gioioso che non mi ha faceva capire niente, questo fatto che va in tutte le direzioni, che non si mette d’accordo su niente, mi fa capire che sia in balia di qualcuno peggio di lui, nel senso che questi che lo spingono da sotto sono come lui, che è così contento della vita che non si occupa più della direzione che ha da prendere".



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E Vinicio rende plasticamente la confusione della festa: "Barcolla, traballa, sul dorso della folla, si butta, si leva, al cielo si solleva, con le tre dita la via pare indicare, nemmeno lui, nemmeno lui sa dove andare", fino all’immagine commovente che vede solo chi ha l’ardire di aspettare il ritorno in chiesa della statua la domenica notte, intorno alle tre: "Esplode la notte in un battimano, per il Cristo di legno che Cristo con me è ritornato Cristiano".



"Circa l’idea di incidere il pezzo a Scicli -prosegue Vinicio - con la banda, beh, mi pare chiaro, volevo rispettare l’atmosfera del paese, della festa, volevo una canzone vera. Sì, una canzone

vera. Poi c’è una cosa che mi piace una cosa della vostra banda: le tenute, rosse, felliniane, con i pennacchi da circo. In genere le bande in Sicilia sembrano più dei corpi dei vigili urbani che delle bande da circo, avevo visto altre bande in Sicilia, che intonavano marce funebri, repertori più lenti. Questa banda è molto di più, è una banda da corsa".



Cosa pensi della riuscita della canzone? "Sono solo un ladro di polli, il Gioia mi perdonerà se ho cercato di rubargli qualcosa…".


 

 

 

 

 

Nella foto, Peppe Savà e Capossela a Sampieri (ph. Luigi Nifosì)


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