Roma - Come dimostrato dai risultati degli studi clinici, l\'efficacia dei vaccini anti Covid è variabile: benché i freddi numeri non siano confrontabili per molteplici ragioni, si spazia infatti dal 66% del monodose di Johnson & Johnson al 95% circa dei vaccini a Rna messaggero di Pfizer e Moderna. Questa efficacia si riferisce alla protezione dai sintomi. Ciò significa che una quota di vaccinati non solo può sviluppare i sintomi tipici dell\'infezione (casi di infezioni si sono registrate finora tra l\'1% e il 10% degli immunizzati), ma può infettarsi restando asintomatica. Abbiamo già affrontato su Ragusanews l\'esigenza di scorporare prima o poi dal novero quotidiano dei positivi i "nuovi" - soggetti vaccinati che, sia pur reinfettati, non sviluppano sintomi e non creano emergenza sanitaria - dai "soliti", cioè quelli che s’infettano per la prima volta senza vaccino.
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Fortunatamente la protezione dei vaccini è praticamente totale contro il rischio di ricovero e morte, tuttavia vaccinati e guariti che si contagiano possono ancora diffondere il virus nella comunità. Gli studi in questo campo si fanno soprattutto negli Usa: la ricerca SARS-CoV-2 Infection after Vaccination in Health Care Workers in California, pubblicata su The New England Journal of Medicine, ha rilevato infezioni nell\'1,19% degli operatori sanitari vaccinati nello stato americano, Conclusioni analoghe sono riportate in molti altri articoli: c\'è ancora una certa percentuale di vaccinati e guariti principalmente asintomatici che può continuare a diffondere il virus e, in un contesto di copertura vaccinale ancora limitata, rappresentare un problema da non sottovalutare.
È probabile infatti che i casi siano più di quelli rilevati, proprio perchè il piu\' delle volte non producono sintomi e, quindi, le persone non si controllano piu\' coi tamponi. E c\'è un nuovo studio, questo appena pubblicato sulla rivista Science, che conferma come anche le persone asintomatiche possano avere cariche virali molto elevate, paragonabili a quelle riscontrate nei pazienti ricoverati in ospedale. In circa l’8% dei 25mila campioni testati dall\'Università tedesca di Charité e più di un terzo di queste persone non presentava alcun sintomo oppure manifestava solo lievi segni. Risultati interessanti sono emersi anche dal confronto della carica virale con l’età dei pazienti: non ha indicato particolari differenze nella quantità di virus tra i positivi di età compresa tra i 20 e i 65 anni, mentre è risultata molto più bassa quella rilevata nei tamponi di bambini più piccoli, da 0 a 5 anni.