Cultura Modica

I Grimaldi/Caser di Modica e la storia

L'effimera leggenda della millantata parentela con i Grimaldi di Monaco

https://www.ragusanews.com/immagini_articoli/07-07-2018/grimaldicaser-modica-storia-500.jpg Alberto di Monaco a Modica


Modica - Marc Bloch nel suo celebre saggio "Apologia della Storia o mestiere di storico" a proposito dell'analisi storica si pone il problema dell'Uomo davanti alla Storia.
Partendo dal pensiero di Ranke secondo il quale lo storico "deve" raccontare i fatti per come sono avvenuti, pensiero già meravigliosamente espresso da Erodoto con il suo "Ton eonta" (il racconto di ciò che fu), il Bloch s'interroga sulla qualità del racconto.
Da una parte, dunque, l'imparzialità storica e dall'altra la Storia come strumento di analisi.
Molto contribuì a queste considerazioni la teoria del Volney del "dubbio esaminatore", cioè l'elaborazione di regole oggettive che permettono allo storico di effettuare un vaglio tra verità e menzogna.
Lo studioso non è un giudice imparziale. Non dà sentenze, infatti. Ma ha il dovere e l'obbligo di cercare e gridare la verità, anche quando sia una verità scomoda o a lui non gradita.
Forte di queste riflessioni, mi sono accostato al mistero della figura di Agostino Grimaldi, patriarca della famiglia Grimaldi di Modica, quasi con naturale diffidenza.
A spingermi sulla sua strada furono due processi. Uno criminale che vide la condanna del figlio Giuseppe a sei anni di esilio e l'altro, istruito nel 1591 dall'Ordine di Nostra Signora di Montesa, per concedere a Giuseppe l' "abito" e la nomina a cavaliere.
Grazie a quest'ultimo processo in particolare, chiamato negli Ordini Militari comunemente "Expediente", riuscii a ricostruire in un modo inappellabile e definitivo non solo la vita di Agostino Grimaldi ma anche la vita del figlio, cui, in effetti, ho voluto intitolare il mio libro.
Agostino Grimaldi irruppe così nella mia storia personale d'uomo.
Più tardi collezionai notizie e notizie su di lui.
Lo inseguii, lo confesso, con l'astuzia e la spietatezza di un detective, fino a quando nel 2017 decisi di riordinare i miei appunti e di pubblicarli.
È lo stesso Giuseppe a indicare Agostino come un Grimaldo y Caser nella genealogia compilata per l'Ordine di Nostra Signora di Montesa. In Spagna al cognome del padre si aggiunge anche oggi il cognome della madre.
Per una bizzarra interpretazione delle leggi emanate a Genova da Andrea Doria secondo le quali alcune famiglie della città erano raggruppate sotto l'ombrello di una famiglia importante e capofila, il padre Francesco nel 1528 cambiò arbitrariamente, a Medina del Campo, il cognome ai suoi tre figli, Gregorio, Agostino e Giambattista, da Caser in Grimaldi.
I Caser, Pietro e Francesco, erano due fratelli genovesi che si erano stabilmente trasferiti a Medina del Campo. In questa città avevano fatto famiglia. Vivevano offrendo servizi d'intermediazione e di supporto ai mercanti compatrioti che operavano in quella celebre piazza finanziaria, tra questi inclusi i Grimaldi.
Lo zio Pietro, senza figli, crebbe il giovane Agostino in casa propria. I fratellastri della madre Francesca Peña, sacerdoti, con certezza gli impartirono le prime lezioni di latino e di grammatica, necessarie per essere ammesso all'Università di Salamanca, dove si immatricolò, com'era normale a quei tempi, all'età di dodici anni. Secondo i miei calcoli Agostino era nato nel 1520.
Il Nostro frequentò l'Università di Salamanca dal 1532 al 1538. Anni importantissimi, questi, per la presenza di Francesco de Vittoria, un grande spirito libero europeo, cattedratico di Prima, reduce dall'Università di Parigi e padre fondatore del Diritto Internazionale.
La riflessione teologica era molto centrata sul dibattito per la giustificazione scaturito dalla pubblicazione nel 1517 delle celebri tesi di Lutero secondo le quali la salvezza dell'uomo era attribuibile soltanto alla bontà e onnipotenza di Dio, negando perciò il valore delle Opere.
Agostino ricevette a Salamanca il diploma di baccelliere, oggi diremmo una laurea breve, in Diritto Civile dalle mani del Dottore Álvaro de Paz, lo stesso che aveva laureato mesi prima un suo collega destinato a diventare uno degli umanisti e giuristi più celebri d'Europa, Diego de Covarrubias.
Agostino, rimasto orfano dello zio e del padre, sposò a Salamanca una vedova ricca e anziana che gli consentì di sbarcare il lunario esercitando dapprima come giovane avvocato.
Comprò l'ufficio vendibile di capitano de armas di Siracusa e lo mantenne per ben tre incarichi. Fu anche governatore di Sortino. Lavorava in un importante studio legale di Palermo quando lo trovò Francesco Belvis y Moncada, il Governatore della Contea di Modica pro tempore.
Al promettente avvocato, Belvis chiese di verificare i conti di un affittuario della contea, Geronimo Centurione, nell'imminenza dell'arrivo dalla Castiglia del figlio dell'Almirante/Conte di Modica Luigi I.
Agostino controllò tutta la contabilità del Centurione ed evidenziò diverse truffe per le quali il figlio del conte chiese conto e ragione al suo affittuario.
Nacque così il lungo idillio tra i Conti di Modica e Agostino Grimaldi/Caser.
Giovane vedovo per la seconda volta e con due figlie a carico fu corteggiato spietatamente da due donne sole che vivevano nel castello di Ragusa come castellane.
Isabella D'Aza, la madre, più anziana, era stata la nutrice della nuora dell'Almirante/Conte Luigi I; Eleonor, la figlia, era già vedova di Cristoforo Sedeño, castellano anche lui del castello di Ragusa. Il figlio di Leonor, avuto dal legame con Cristoforo Sedeño, Giovan Francesco, sposerà una delle figlie di Agostino, Bartolomea. Leonor sposerà Agostino diventando a sua volta suocera e matrigna di Bartolomea.
Da questo momento un'accorta e complicatissima strategia matrimoniale farà da struttura portante a un impero economico e finanziario ovviamente tutto costruito sulla pelle dei Conti di Modica.
La Contea aveva subito abusi e ruberie in passato per la sola colpa di essere un possedimento d'oltre mare, quindi gestibile dagli Almiranti/Conti dalla Castiglia solo attraverso intermediari che non sempre erano stati onesti e affidabili.
Agostino diventò il vero asso nella manica dei Conti di Modica e questo rapporto durò fino all'ultimo giorno della sua vita. Il 18 marzo 1597 la moglie Leonor e il figlio Fortuna donarono censi a due importanti conventi francescani di Modica per chiedere ai frati preghiere in suffragio della sua anima.
Giuseppe si sostituì a lui nel governo della contea quando il suo corpo venne meno. Ma nulla fu più come prima.
Bisogna riconoscere ad Agostino il merito di avere scoperto il notaio Antonio Frasca di Scicli che diventò a Madrid non solo il notaio ufficiale dei Conti di Modica ma anche il notaio più famoso della Villa y Corte, vero capostipite del notariato madrileno. In effetti, il notaio Frasca fu il suo "uomo all'Avana".
L'Expediente prevedeva cinque indagini. Una a Madrid, una seconda a Medina del Campo, una terza a Medina de Ríoseco, una quarta a Genova, una quinta a Ragusa, dove Giuseppe era nato.
I commissari dell'Ordine dopo aver interrogato molti testimoni a Medina del Campo e a Medina de Ríoseco, in parte subornati, tra cui lo stesso Almirante/Conte, non si sapevano spiegare il perché dell'improvvisa sostituzione del cognome Caser con Grimaldi. Ci vollero vedere chiaro e, per questo, interrogarono mercanti genovesi accreditati da molti anni presso la Corte di Madrid. Tutti giurarono di non conoscere questi sedicenti Grimaldi. Giurò di non conoscerli anche il Principe di Salerno, Nicola Grimaldi, vero storico esponente della famiglia in terra di Spagna. Dopo tale risolutiva testimonianza i commissari annullarono l'indagine a Genova.
A Ragusa il processo fu istruito nel castello della città. Sfilarono diversi testimoni che, come quelli subornati in Castiglia, tacevano opportunamente sulle origini paterne di Giuseppe. A Ragusa il processo rasentò quasi la farsa. Il verbale degli interrogatori, debitamente firmato, fu spedito a Madrid e accorpato agli altri verbali.
Giuseppe, reo di omicidio in Sicilia, mai avrebbe potuto aspirare a diventare un cavaliere di un ordine militare.
Ma l'Ordine di Montesa fu colto nel momento storico più delicato e cruciale della sua esistenza, nel momento, cioè, della statalizzazione. E la Sicilia era troppo lontana.
Tutta l'operazione fu curata, è ovvio, dal Notaio Frasca che, opportunamente ascoltato dai commissari dell'Ordine, mentì sapendo di mentire sulla vera condizione della famiglia Caser.
L'operazione "Montesa" costò ad Agostino settecento onze. Una somma ingente. Cinquecento servirono per "comprare" l'Almirante, sempre pieno di debiti, e duecento furono versate all'Ordine di Nostra Signora di Montesa.
La vendita della castellania di Scicli e del suo diritto di sostituzione mascherò, in effetti, la subornazione dell'Almirante.
Agostino, indicato da Giuseppe in una procura rilasciata a Madrid al Notaio Frasca come procuratore, affittò immediatamente a Pietro Antonio Giluso la castellania di Scicli per cinquecento onze recuperando la somma impiegata a subornare l'Almirante e trasformandola in una semplice partita di giro.
Giuseppe, che aveva sposato anche lui una ricchissima e anziana vedova di origini portoghesi imitando il padre, alla sua morte rientrò a Modica, giusto in tempo per convolare a nozze con l'altra ricca vedova Antonia Lorefice, a una figlia della quale aveva fatto in precedenza da padrino.
Giuseppe fu un giovane viziato ma soprattutto fu un inconcludente che, non avendo l'abilità del padre, s'infilò in parecchie cause perse. Oltre a essere anche un arrogante senza rimedio.
Ho recuperato miracolosamente il verbale della sua professione e l'ho pubblicato nel mio libro.
Che dire ancora?
Agostino ha sconfitto le mie diffidenze, ha vanificato ogni mio pregiudizio.
La vita di quest'uomo si è rivelata così intensa e affascinante da obbligarmi a perdonargli tutto.
Se da una parte il libro distrugge l'effimera leggenda della millantata parentela con i Grimaldi di Monaco, dall'altra crea, invece, un autentico mito del quale, ora sì!, Modica può andare davvero fiera!
In un giorno di metà Cinquecento capitava tra noi e per caso un dotto di Salamanca, un testimone oculare della più alta riflessione teologica e morale che l'Europa abbia mai prodotto e conosciuto, un genio che seppe dal nulla costruire non solo una leggenda ma anche un impero.
Modica ha beneficiato, in effetti, di questa eredità materiale e deve a questa famiglia onore e riconoscenza com'è giusto che sia.
Da oggi può però anche custodire gelosamente l'altra eredità spirituale, rimasta sconosciuta per secoli forse anche agli stessi eredi, una memoria cui ho dedicato diversi anni della mia vita e che voglio che viva ancora tra noi perché i morti, è certo, muoiono davvero solo quando nessuno li ricorda più.

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