Pozzallo - Il decreto Bollette per ridurre i costi energetici italiani, approvato venerdì 18 febbraio dal Cdm, dice di aumentare l’estrazione di metano dai giacimenti nazionali sorvolando su dove e quanto. Si sa solo che punta ad almeno 2,5 miliardi di metri cubi l’anno in più della produzione attuale, con investimenti per 2 miliardi di euro, facendo perno soprattutto sugli impianti nel Canale di Sicilia da cui dovrebbe provenire l’80% circa delle estrazioni.
News Correlate
Al tempo stesso e in direzione opposta, il Pitesai sull’uso del sottosuolo - pubblicato una settimana prima dal ministero della Transizione ecologica - riduce l’estrazione dalle trivelle: un ossimoro, una reciproca negazione. Il Pitesai, Piano regolatore per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, spegne le speranze sugli investimenti milionari per il giacimento Vega B, 25 km a sud della costa ragusana, di cui si parla da oltre un anno: con 250 milioni la compagnia greco inglese Energean - che aveva rilevato le attività dell’Edison - voleva estrarre 80 milioni di barili di petrolio ma la piattaforma è in zona vietata, causa istituenda area marina protetta. Chissà che non c’entri anche l’Ue, con le sue regole per la tutela del Mediterraneo, che finora hanno colpito solo i pescatori.
Il Piano delude pure chi spera in un ricorso potente ai nuovi giacimenti Argo e Cassiopea, al largo di Gela, per i quali l’Eni ha appena ottenuto le autorizzazioni e programmava una spesa di 700 milioni in tre anni: il primo pozzo da perforare si troverebbe in zona consentita, ma una futura ipotetica area naturalistica metterebbe fuori legge tutte le altre attività necessarie per sviluppare l’impianto. Le autorizzazioni per potenziare i giacimenti siciliani sfiatati e riavviare quelli chiusi impiegheranno dai 10 mesi ai 3 anni, secondo i casi, mentre vanno ordinati macchinari, perforazioni, apparecchiature. In altre parole il primo gas aggiuntivo si vedrà nel 2023.